venerdì 30 settembre 2011

NON SO


Cosa provo quando l’attesa

si fa più assordante

mi insegue con la sua presenza

silenziosa e invadente

pensieri tortuosi si affollano

si muovono senza tregua

come un vortice

nasce da dentro

non molla mi stringe

toglie il fiato.

Chiudo gli occhi

un respiro profondo

mi aiuta

qualcosa piano piano

si allenta

provo a capire

a lasciare che i pensieri

non mi travolgano

e continuo ad attendere.

Ermie 2011

martedì 27 settembre 2011

PER SEMPRE

 

Per sempre vento

Che sfronda i pensieri

 

Per sempre mare

Distesa bagnata

Che ondeggia 6160647-i-quattro-elementi-della-terra-acqua-vento-e-fuoco

M’affonda

Mi monda

E giù, in fondo,

ti invoco e m’abisso.

 

Per sempre fuoco

Rovente la pelle

Guardata da te 

Mi sciolgo

Bruciata ti brucio

di rosso,

ti guido e m’affosso.

 

Per sempre terra

distesa incompleta

saldo tappeto

sul quale riposo

mi nutro, cresco,

profumo di fiore …

 

…e attendo per sempre

quel vento che sfronda i pensieri.

 

Lorella Ronconi – JE ROULE – Ed. ETS Pisa

sabato 24 settembre 2011

SAPRO'


Vedo

al di là di ogni dove

di ogni sempre

notti di gelo

parole fredde

sentori di voci

sfuggono al pensiero

si allontanano lente

giorno dopo giorno

il vuoto

che prima mi opprimeva

allenta la presa

e io finalmente mi sento

mi ritrovo

in quello spazio

fra tempo e vento

fra cuore e colore.

E riscopro quell’amore

sfiorarmi delicatamente

capita a volte

che non lo colga

che si perda

che allunghi la mano

troppo tardi ormai

ma resto lì

perché so attendere

so vedere

saprò cogliere.

Ermie 2011

giovedì 22 settembre 2011

TI SENTO


Mi rivedo

seduta davanti alla finestra

ad osservare ciò che non sembra

il tuo volto si confonde

si sovrappone nei miei pensieri

ti sento

ti sento sempre

anche quando non ci sei

sento quel vuoto

che la tua lontananza

mi lascia sulla pelle

sei quel punto infinito

che non posso raggiungere.

Ermie 2011

martedì 20 settembre 2011

Il sangue scarlatto di una Rosa (elegia per S.C. morto sul lavoro)


Non laverò via quel sangue.bleeding_red_rose1_by_UrDisasterousStock
Lo voglio sulle vostre dita,
sui vostri sensi,
confondervi l’odore, e i vostri occhi
annebbiati di rosso sconcerto ,
la vostra mente ad annusare
come un cane,
le gambe che vacillano, e le mani
a cercare inutilmente
qualcosa da stringere forte.
Voi, suoi compagni.
Come una rondine volò dal ponte,
come la pietra nel fiume
piombò pesante nella strada,
le braccia, distese come ali
non servirono:
troppo cemento attaccato
rese pesanti le sue manioperaio-cade-da-ponte
e l’Angelo era distratto
su un giornale
che parlava di Angeli Narcisi.
Solo la morte, paziente e rapida
lo attese.
Lascerò la tua Rosa sull’asfalto
passero senza piume
stella senza luce, stella opaca,
poserò la  tua cazzuola come una Croce
sull’altare del Vivere.
Pane e miseria, rabbia e sale,
sudore e sogni pregati all’Angelod27a4748e13265529ffdc82081039cd1
che addormentato si stese
sulle tue mani ruvide,
quel mattino,
come fossero un cuscino
di rossa, amara 
seta.

Paolo Scatragli, 20 Settembre 2011



domenica 18 settembre 2011

ATTESA DI VITA

 
Un sorriso e un brivido
d'attesa di vita
mi scorre...

E' frizzante l'oceano
stanotte...

schizzi di cielo
s'infrangon negli occhi,
guizzano onde
sul petto,
alghe fiorite
trecce sui polsi...


Attendo...
attendo...
e respiro quel profumo
di vita...

quel profumo
d'amore...
che questo mare non ha.

 
Lorella Ronconi 2011 – “Sirena Guerriglia" 





La mia Follia

Chi siete voi per narrarmi il vostro Dio…
Pretendendo di conoscerne i dettami…
Lui vi ha telefonato?
Interpretando i libri a vostra grazia
Peccate di superbia!
Del peccato…poi…cosa sapete voi per definirlo
Cosa so io…?
Quante parole conoscete, poi, per farne immagine
Di chi non potrà mai esser descritto
Di chi è al di là d’ogni parola d’uomo
Voi avete il vostro iddio…ed è sempre degli eserciti
Di Lui glorificate un solo aspetto
Di Lui negate mille e mille nomi
Con quella fiaba che ancor ci raccontate…
D’un Satanasso in giro per il mondo
Per far disastri ed indurci in tentazione…
Chi mai l’avrà mandato?
Egli è diverso da ogni immaginazione
Infiniti colori
Quell’altro invece… è solamente un impiegato
Voi, che prendete vite
poi avete pretese a giudicare
Uno dei nomi suoi è misericordia
Il bene poi…è soprattutto scelta
Che quotidianamente si rinnova
È tutta personale
Che avete scelto voi che v’arrogate?
Voi…che stringete cupidi stò mondo
Quasi che fosse vostro
Di quanto siete più figli di Dio
Per trattenerlo all’infinito in vostre mani?
Per poi decider voi di guerra, fame e sorte
Voi…noi…io…figli dell’egoismo
Con questa rabbia, poi, che monta dentro
Che è peccato
Che m’allontana ancora da quell’ultimo destino
Ma che ricade e poi va ad ammorbidire
feconda e fertilizza dura terra
Così come con voi…fratelli…
compagni…disperati
Voi che intuiste, sentendovi vicini dal di dentro
Per condivisione, istinto
per senso della musica e del ritmo
Per tolleranza
voglia di tenerezza…di pace…
Per senso di giustizia
La religione è l’oppio ma la conoscenza è il sale
Ma è nello spirito che senz’altro sta il motivo
Questa è un piccola scheggia della mia follia
Su…ora ditemi di voi





martedì 13 settembre 2011

Justine



Il nonno fece appena in tempo a fermare il trattore ed a gridarle di stare attenta, che Justine era già balzata giù con un salto e correva nella stradina sterrata. Allegra come ogni volta che andava nei campi con il nonno sembrava trasformarsi, diventare un’altra. Quel suo sguardo malinconico rimaneva dentro la sua casa, fra le mura che conosceva e che le stavano stretta. Lei doveva correre, trotterellare tra i campi e gli alberi, per questo suo nonno la chiamava puledrina. Lei, quando lo sentiva, rideva più forte, con quella sua risata un po’ strana. Capiva il nonno, lo capiva solo lui, cosa nascondeva. Per questo sembrava, ridendo, che stesse per piangere, perché lei ne aveva tanta voglia, da tanto tempo.

Odette spalancò le persiane della cucina e la chiamò. Justine sentendola si fermò di scatto. La sua allegria svanì. Tornò sui suoi passi dirigendosi verso casa. Quel tono non ammetteva repliche né ritardi. Incamminandosi verso casa strinse più forte il piccolo oggetto che teneva in tasca.

Finito il pranzo Justine corse in camera per la solita pennichella estiva. In realtà lei non dormiva ma lo faceva credere a tutti. Nella penombra della camera tirò fuori il bottone dorato che aveva trovato poco prima nei campi. Tirò fuori da un’anta dell’armadio, una vecchia scatole per scarpe, dove conservava gelosamente tutti i piccoli oggetti che le piaceva collezionare. Stava per riporvi anche quel grosso bottone, quando sentì una necessità nuova ed istintivamente se lo portò al petto, premendolo sul cuore.

Il vascello ondeggiava vistosamente in mezzo alla tempesta. Le grida dei marinai si univano a quelle di paura dei passeggeri. Gli ultimi abitanti del villaggio di Noah era tutti su quella nave. In cerca di salvezza, in cerca di un’altra terra. Il capitano Malach aveva fatto ciò che nessuno aveva il coraggio di fare, decidendo di imbarcare sulla sua nave quei disperati. Per questo aveva tanti nemici, perché la sua generosità non aveva molti rivali a quel tempo, e forse non li avrebbe neppure oggi. Malach era un uomo strano, burbero e divertente allo stesso tempo. Non c’era marinaio che dopo aver fatto una traversata con lui, si fosse pentito di quella esperienza. Era un uomo di grande esperienza ma soprattutto di grande bontà, per questo era amato da tanti. E per la stessa ragione altrettanto odiato.

Imbarcando i superstiti di quel piccolo villaggio aveva sfidato le leggi del tornaconto e della prudenza. Gli altri abitanti erano stati sterminati e quelli sul vascello si erano salvati solo perché i nascondigli nella foresta erano così tanti che i loro assassini non erano riusciti a trovarli tutti. L’accusa gettata su di loro e che aveva scatenato la furia omicida di un folto gruppo di uomini, era la convinzione che gli abitanti di quel piccolo villaggio fossero creature del demonio. La superstizione degli uomini, unita alla violenza, è una terribile arma di distruzione che molto spesso culmina nel sangue, e per gli innocenti abitanti della foresta fu proprio così. In realtà non erano creature possedute né dal demonio né da nessuna forma di male e forse il loro problema, ciò che li condannò a morte, fu proprio quello. La loro vita era semplice ma così costellata e guidata da gesti d’amore, da un rispetto profondo per tutto ciò che li circondava, che fu proprio questo a turbare altri uomini, quelli che vedevano il male anche dove non era perché era dentro di loro e guidava i loro pensieri, le loro azioni.

E sì sa, quando vieni condannato dall’opinione di tanta gente è difficile sfuggire alla violenza che ne segue. Solo Malach, quando seppe l’accaduto, attraccò con il suo vascello sulla spiaggia dell’isola dove si trovava il villaggio. Lui conosceva quel popolo, ma soprattutto conosceva la forza del bene e quanti ostacoli incontri. Sfidando tutto e tutti, seguito dai suoi marinai più fidati, imbarcò quegli uomini, donne e bambini, che riuscirono a scovare nei loro nascondigli. Poi, il vascello partì.

Ma quella notte la tempesta che si era scatenata era fortissima. Più forte del coraggio di Malach e dei suoi uomini.

Mentre il vascello stava per affondare, la piccola barca di salvataggio fu calata in mare. Nessuno si precipitava per prendervi posto, nessuno voleva condannare a morte chi sarebbe rimasto.

Erano tutti riuniti sul pontile, mentre lentamente e delicatamente, alcune persone furono scelte da Malach per salire sulla barca. Nessuno contestò le sue scelte e la violenza della tempesta non scosse la delicatezza dei loro gesti.

Mentre Malach fece imbarcare l’ultima bambina un colpo di vento più forte sembrò farla cadere in mare. Le sue manine si aggrapparono istintivamente, con forza, al capitano. Lui, in quell’attimo la abbracciò forte, abbracciando con lei tutto l’amore del mondo e per il mondo, e dentro di sé la nominò testimone ed erede di quegli ultimi suoi gesti.

Quando la piccola si trovò seduta sulla barca aprì la mano con la quale di era aggrappata alla giacca di Malach. Un grosso bottone dorato brillava. Justine la richiuse e capì che oltre all’amore avrebbe dovuto portare nel mondo il coraggio.

Justine chiuse gli occhi, distesa nel letto della sua cameretta.

Stringeva il bottone.

Adesso sentiva sulla sua pelle così giovane ed impaurita che il tempo le aveva portato il suo dono.

E la paura se ne andò.



Ad Ermie-a quel coraggio

(Grazie)

Elda - 13/09/2011

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