martedì 13 settembre 2011

Justine



Il nonno fece appena in tempo a fermare il trattore ed a gridarle di stare attenta, che Justine era già balzata giù con un salto e correva nella stradina sterrata. Allegra come ogni volta che andava nei campi con il nonno sembrava trasformarsi, diventare un’altra. Quel suo sguardo malinconico rimaneva dentro la sua casa, fra le mura che conosceva e che le stavano stretta. Lei doveva correre, trotterellare tra i campi e gli alberi, per questo suo nonno la chiamava puledrina. Lei, quando lo sentiva, rideva più forte, con quella sua risata un po’ strana. Capiva il nonno, lo capiva solo lui, cosa nascondeva. Per questo sembrava, ridendo, che stesse per piangere, perché lei ne aveva tanta voglia, da tanto tempo.

Odette spalancò le persiane della cucina e la chiamò. Justine sentendola si fermò di scatto. La sua allegria svanì. Tornò sui suoi passi dirigendosi verso casa. Quel tono non ammetteva repliche né ritardi. Incamminandosi verso casa strinse più forte il piccolo oggetto che teneva in tasca.

Finito il pranzo Justine corse in camera per la solita pennichella estiva. In realtà lei non dormiva ma lo faceva credere a tutti. Nella penombra della camera tirò fuori il bottone dorato che aveva trovato poco prima nei campi. Tirò fuori da un’anta dell’armadio, una vecchia scatole per scarpe, dove conservava gelosamente tutti i piccoli oggetti che le piaceva collezionare. Stava per riporvi anche quel grosso bottone, quando sentì una necessità nuova ed istintivamente se lo portò al petto, premendolo sul cuore.

Il vascello ondeggiava vistosamente in mezzo alla tempesta. Le grida dei marinai si univano a quelle di paura dei passeggeri. Gli ultimi abitanti del villaggio di Noah era tutti su quella nave. In cerca di salvezza, in cerca di un’altra terra. Il capitano Malach aveva fatto ciò che nessuno aveva il coraggio di fare, decidendo di imbarcare sulla sua nave quei disperati. Per questo aveva tanti nemici, perché la sua generosità non aveva molti rivali a quel tempo, e forse non li avrebbe neppure oggi. Malach era un uomo strano, burbero e divertente allo stesso tempo. Non c’era marinaio che dopo aver fatto una traversata con lui, si fosse pentito di quella esperienza. Era un uomo di grande esperienza ma soprattutto di grande bontà, per questo era amato da tanti. E per la stessa ragione altrettanto odiato.

Imbarcando i superstiti di quel piccolo villaggio aveva sfidato le leggi del tornaconto e della prudenza. Gli altri abitanti erano stati sterminati e quelli sul vascello si erano salvati solo perché i nascondigli nella foresta erano così tanti che i loro assassini non erano riusciti a trovarli tutti. L’accusa gettata su di loro e che aveva scatenato la furia omicida di un folto gruppo di uomini, era la convinzione che gli abitanti di quel piccolo villaggio fossero creature del demonio. La superstizione degli uomini, unita alla violenza, è una terribile arma di distruzione che molto spesso culmina nel sangue, e per gli innocenti abitanti della foresta fu proprio così. In realtà non erano creature possedute né dal demonio né da nessuna forma di male e forse il loro problema, ciò che li condannò a morte, fu proprio quello. La loro vita era semplice ma così costellata e guidata da gesti d’amore, da un rispetto profondo per tutto ciò che li circondava, che fu proprio questo a turbare altri uomini, quelli che vedevano il male anche dove non era perché era dentro di loro e guidava i loro pensieri, le loro azioni.

E sì sa, quando vieni condannato dall’opinione di tanta gente è difficile sfuggire alla violenza che ne segue. Solo Malach, quando seppe l’accaduto, attraccò con il suo vascello sulla spiaggia dell’isola dove si trovava il villaggio. Lui conosceva quel popolo, ma soprattutto conosceva la forza del bene e quanti ostacoli incontri. Sfidando tutto e tutti, seguito dai suoi marinai più fidati, imbarcò quegli uomini, donne e bambini, che riuscirono a scovare nei loro nascondigli. Poi, il vascello partì.

Ma quella notte la tempesta che si era scatenata era fortissima. Più forte del coraggio di Malach e dei suoi uomini.

Mentre il vascello stava per affondare, la piccola barca di salvataggio fu calata in mare. Nessuno si precipitava per prendervi posto, nessuno voleva condannare a morte chi sarebbe rimasto.

Erano tutti riuniti sul pontile, mentre lentamente e delicatamente, alcune persone furono scelte da Malach per salire sulla barca. Nessuno contestò le sue scelte e la violenza della tempesta non scosse la delicatezza dei loro gesti.

Mentre Malach fece imbarcare l’ultima bambina un colpo di vento più forte sembrò farla cadere in mare. Le sue manine si aggrapparono istintivamente, con forza, al capitano. Lui, in quell’attimo la abbracciò forte, abbracciando con lei tutto l’amore del mondo e per il mondo, e dentro di sé la nominò testimone ed erede di quegli ultimi suoi gesti.

Quando la piccola si trovò seduta sulla barca aprì la mano con la quale di era aggrappata alla giacca di Malach. Un grosso bottone dorato brillava. Justine la richiuse e capì che oltre all’amore avrebbe dovuto portare nel mondo il coraggio.

Justine chiuse gli occhi, distesa nel letto della sua cameretta.

Stringeva il bottone.

Adesso sentiva sulla sua pelle così giovane ed impaurita che il tempo le aveva portato il suo dono.

E la paura se ne andò.



Ad Ermie-a quel coraggio

(Grazie)

Elda - 13/09/2011

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